Venerdì 13 luglio si è tenuta alla Corte di Cassazione il processo a
carico di dieci attivist@ che avevano partecipato alle manifestizioni
contro il G8 di Genova del 2001.
Il reato che è stato loro contestato e per cui, ad alcun@ di loro è
stata confermata la condanna, è quello di “devastazione e saccheggio”
risalente al codice penale fascista ancora in vigore. La definizione
di questo reato è molto ambigua: si tratta, infatti, di una somma di
condotte, ciascuna delle quali, se presa singolarmente, sarebbe punita
in modo meno grave da altre norme penali. Gli elementi che integrano
il reato sono: l’ordine pubblico messo in crisi e il danneggiamento
ripetuto di beni, anche tramite “compartecipazione psichica” tra
gli/le imputat@. Per dirla in breve, non occorre aver effettivamente
“devastato”, ma è sufficiente essere presente mentre gli/le altr@
devastano!!
Cinque degli/delle imputat@, Carlo A., Antonino , Dario , Carlo C. e
Luca, sono stati rimandati a giudizio per la mancata concessione dell’
attenuante di aver agito per “suggestione di una folla in tumulto”.
Per gli/le altr@ attivist@ sono state confermate le condanne con
delle riduzioni che non superano l’anno: Marina è stata condannata a
12 anni e tre mesi, Alberto a 10 anni di reclusione e Ines, a cui è
stata sospesa la carcerazione perchè ha una figlia piccola, a 6 anni e
sei mesi. Francesco e Vincenzo, due dei manifestanti che avevano
ricevuto le condanne più pesanti, rispettivamente 15 anni e più di 13
anni, si sono resi irreperibili quando è stato emesso l’ordine di
carcerazione.
L’assurdità di queste pene risulta particolarmente evidente se
paragonata alla sentenza emessa sempre dalla Corte di Cassazione, lo
scorso 5 luglio, nei confronti dei vertici delle forze dell’ordine,
responsabili della “macelleria messicana” avvenuta nelle scuole Diaz.
Dopo 11 anni di avanzamenti di carriera e impunità (come ad esempio il
caso di De gennaro, ex capo della polizia durante il G8 e ora
sottosegretario di Stato della presidenza del Consiglio), nessuno di
loro dovrà passare un giorno in carcere, ma subiranno soltanto un’
interdizione temporanea dai pubblici impeghi. Una condanna che è stata
inflitta loro non per aver massacrato degli/delle innocent@ (questa
accusa è caduta in prescrizione), ma per aver falsificato delle prove.
Cosa significa tutto questo? Appare chiaro come i “diritti di una
vetrina” vengano presi più in considerazione dei diritti umani. Le
condanne che hanno subito i/le dieci manifestant@ rappresentano la
condanna ad un intero movimento, e vorrebbero essere da esempio per il
futuro. Ingiustizia è stata fatta una seconda volta: dopo una vita –
quella di Carlo – cancellata e le torture subite in quelle giornate, a
distanza di 11 anni, è la vita dei e delle condannat@ ad essere stata
devastata e saccheggiata!!!
Diamo tutta la nostra solidarietà e complicità ai compagni e alle
compagne che hanno sperato e lottato per un cambiamento, e a Francesco
e Vincenzo, augurando loro di non dover mai vedere il cielo attraverso
delle sbarre.
“Avevamo ragione.
Abbiamo perso.
Il nemico si tiene gli ostaggi.
Fino a quando la marea non monterà un’altra volta”. (Wu Ming 4)