Per Giulia per Tutte!

Il nostro intervento al corteo per Giulia Cecchetin a Bologna del 22 Novembre 2023

🔥 PER GIULIA, PER TUTT3 🔥

 

La notizia del femmicidio di Giulia ci ha colte con estremo dolore. Anche se lo sapevamo tutte che non sarebbe tornata, abbiamo sperato fino all’ultimo in un finale diverso. Man mano che passavano i giorni, mentre la narrazione che ci veniva propinata era quella della fuga d’amore, maturava sempre più forte in noi la consapevolezza che Giulia non sarebbe tornata. Mentre ci definivano pazze ed esagerate, noi speravamo. Abbiamo sperato fino all’ultimo secondo, con tutta la nostra forza, con tutto il nostro amore.
Poi la notizia, lo shock, l’atterrimento, il senso profondo di dolore e di vuoto che colpisce alla notizia di ciascun femminicidio.
Poi la rabbia, una rabbia feroce, e la consapevolezza che Giulia poteva e potrebbe essere chiunque di noi, perchè se siamo qui a ricordarla, se siamo vive è soloperche siamo state più fortunate.

 

Nessuna di noi è al sicuro, e lo sappiamo bene: crescendo socializzate come donne ci troviamo costantemente in stato di allerta. Il messaggio all’amica per sapere se è arrivata a casa è un’esigenza che tutte noi conosciamo, stringere le chiavi mentre camminiamo per strada la sera sentendo dei passi avvicinarsi è un sensazione di cui abbiamo tutte esperienza, la paura che non venga accettata la nostra volontà di interrompere una relazione è un timore che tutte proviamo.
Sappiamo che non siamo mai al sicuro.
Sappiamo che non dipende da noi se incontriamo sulla nostra strada un maschio che decide che siamo sua proprietà.
Non dipende da come siamo vestite, non dipende da quanto abbiamo bevuto, nè con quanta libertà ci siamo concesse di sognare.

Giulia, come tutte le altre, la sentiamo come fosse nostra sorella. E anche Elena la sentiamo come tale. Elena che, in un momento di dolore inimmaginabile, ha trovato la forza e le parole per urlare con rabbia che il femminicida di Giulia non è un caso isolato, è il prodotto sano di una cultura patriarcale e violenta. Una cultura pregna di sessismo, della quale il femminicio è solo l’esito estremo delle tante forme di violenza di genere che ogni giorno subiamo sulla nostra pelle.

 

Nel frattempo un’altra donna è stata uccisa ieri e un’altra è stata sfregiata con l’acido dall’ex e ancora ci stiamo sorbirbendo la narrazione che vuole il femminicida come mostro!

 

Alla violenza esercitata dai media si aggiune poi quella istituzionale: non solo la polizia non crede alle nostre parole e, quando andiamo a denunciare, ci svilisce, ci umilia, ci molesta, non solo ci picchia e reprime, ma si appropria anche delle nostre parole svuotandole di senso.

 

Sappiamo bene che la risposta alla violenza non si trova in politiche securitarie e in pene più severe, sappiamo che la risposta si trova in un cambiamento culturale radicale. Un cambiamento che nasce dall’educazione sessuo-affettiva nelle scuole senza nessuno spazio per le ideologie dei no gender.
Un cambiamento che si coltiva nelle pratiche di sorellanza transfemminista.
Un cambiamento che sia supportato da un wel-fare non familista, da una redistribuzione della ricchezza e del lavoro di cura, da servizi sanitari non giudicanti e da case dignitose a prezzi popolari. Come facciamo ad andare via di casa se case non ce ne sono?
Un cambiamento per il quale lavorano da anni i centri antiviolenza. Gli stessi centri antiviolenza a cui il governo taglia i fondi. Centri antiviolenza, come Lucha y Siesta, che rischiano di essere chiusi.
L’indispensabilità dei centri antiviolenza è evidente, come è evidente l’importanza che siano luoghi transfemministi e non neutrali. Per questo chiediamo il sostegno e il riconoscimento di tutte le lavoratrici e le volontarie che operano nei centri, per questo pretendiamo che sorgano centri ovunque, non solo nelle grandi città: se siamo fortunate a sopravvivere dalla violenza, vogliamo uscirne!

 

La risposta non è solo materiale ma anche culturale e il ritornello della centralità dell’educazione affettiva nelle scuole ce lo ricorda. E allora educazione sia! Ma la vogliamo transfemmminista, senza moralismi, senza intrusioni dei movimenti no gender o di quelli no choice. Vogliamo che sia affidata a persone competenti, e non a personaggi come Alessandro Amadori che negano la matrice patriarcale della violenza di genere.
La scuola però come può sorreggere anche questo peso? Peso che fin’ora hanno portato sulle spalle docenti coraggiose e instancabili sostenute da associazioni femministe formate e determinate. Ma questo non ci è mai bastato e non ci basta più: pretendiamo che alle docenti vengano dati strumenti, tempo, risorse e stabilità affinché qualcosa di serio si inizi veramente a smuovere!

 

Stringiamoci tra noi, stringiamoci ad Elena e a tutte le altre nostre sorelle. Potenziamo e nutriamo questa sorellanza che oggi sentiamo così forte, che ci tiene insieme e ci protegge perchè in una società che ci riserva violenza e oppressione è la nostra arma più potente.
Alle persone che stanno vivendo una situazione di violenza fisica, economica o psicologica va il nostro pensiero. Vogliamo dire a gran voce che a sentirsi delle merde non dobbiamo essere noi ma loro! Non eravamo noi che dovevamo accorgercene prima, che dovevamo lasciarlo, che dovevamo cambiarlo: le merde rimangono gli uomini maltrattanti e questa cosa, care sorelle, non ce la dobbiamo scordare!

PER GIULIA, NON BASTANO SILENZIO E LUTTO

GRIDEREMO FORTE E BRUCEREMO TUTTO!