Questo articolo è stato scritto da Roberta, una ragazza del collettivo che per un mese ha vissuto in Messico e fatto studi sul femminicidio..
Le ultime notizie dallo stato di Chihuahua parlano di 335 morti violente di donne solo nel periodo tra il 1 gennaio 2010 ed il 4 ottobre 2010. 50 solo nel mese di settembre e di queste, 44 solo nel municipio di Ciudad Juarez.
HOMICIDIOS DOLOSOS DE MUJERES EN EL ESTADO DE CHIHUAHUA | ||
Mes | Feminicidios sólo en Cd. Juárez | Feminicidios totales en el Estado de Chihuahua |
Enero | 16 | 25 |
Febrero | 9 | 29 |
Marzo | 28 | 37 |
Abril | 15 | 31 |
Mayo | 17 | 23 |
Junio | 29 | 49 |
Julio | 25 | 34 |
Agosto | 41 | 51 |
Septiembre | 44 | 50 |
Octubre | 5 | 6 |
TOTAL | 229 | 335 |
Tabla realizada por Justicia para Nuestras Hijas A. C., con información obtenida de fuentes hemerográficas, archivo periodístico del Diario y solicitudes de acceso a la información.
Questo significa che, secondo i dati del Colégio de la Frontera, il numero di femminicidi compiuti in questi nove mesi presi in considerazione risulta essere lo stesso di quelli commessi nel periodo di 7 anni dal 1998 al 2004. Le organizzazioni di donne dello stato di Chihuahua “Centro de Derechos Humanos de las Mujeres” e “Justicia Para Nuestras Hijas” che da sempre hanno denunciato i femminicidi che avvengono in questo Stato, sostengono che mai prima d’ora é stato tanto pericoloso per una donna vivere nello Stato di Chihuahua.
Questo Stato presenta indici di violenza che corrispondono a quelli di un conflitto armato nel quale, come nella maggior parte delle guerre, donne e bambine diventano i soggetti più vulnerabili e si trovano ad essere in grave pericolo senza che lo stato messicano prenda misure effettive per proteggerle e sanzionare gli abusi sofferti da quelle che sono vittime. Per le strade di Ciudad Juarez lo stato di guerra si percepisce soprattutto se si è straniera, bianca, donna abituata a passeggiare per le strade senza troppi preoccupazioni.
A Ciudad Juarez non ci si va più per turismo, “il centro? No, è diventato troppo rischioso andarci”, “la gente di qui semplicemente non esce quando cala il sole” mi è stato detto e “la gente di qui se esce quando il sole è ancora alto, semplicemente non lo fa andando a piedi” aggiungo io.
Semplicemente non si cammina per le strade, non si esce a passeggiare e se si incontra un amico o un’amica non si chiacchiera per la strada ma lo si fa in un locale chiuso. Per qualsiasi donna che vada a Ciudad Juarez questa è un’esperienza corporale, anche se gli uomini che ti circondano ti dicono “non ti preoccupare, non sei il prototipo, non sei mora, non sei di corporatura esile” . Sappiamo che la forma di sperimentare il mondo è differente se si ha un corpo di uomo o un corpo di donna e Ciudad Juarez ti rivela l’insicurezza della tua carne.
Ma per chi vive quotidianamente Juarez, soprattutto si vive insicurezza dovuta alla mancanza di giustizia che non permette uscire dalla riproduzione-perpetuazione dei femminicidi. Quando Patricio Martinez, governatore dello stato di Chihuahua nel periodo 1998-2004, dichiara “Bueno, estas mujeres no venian precisamente de misa cuando fueron atacadas” trad: Ecco, si queste donne non venivano precisamente dalla messa quando sono state attaccate (Monárrez Fragoso, Julia; 2009, p 81).
Se chi come rappresentante della legge, per primo non decostruisce la cultura patriarcale in cui la donna ha un “sesso religioso” ed è associata alla Vergine Maria o ad Eva, se chi dovrebbe indagare ed evidenziare la sistematicità della violenza femminicida, per primo colpevolizza le donne stesse di inadeguatezza nei propri costumi allora la soluzione non può arrivare da li.
Ci sono donne, invece, donne messicane, di Ciudad Juarez e non, che lottano tutti i giorni perchè si ponga fine al femminicidio.
Da Marcela Lagarde che oltre a nominare i crimini juarensi come “femminicidio” è stata una delle promotrici della Legge Generale di Accesso delle Donne a una Vita Libera dalla Violenza del febbraio 2007 estesa a tutti gli stati messicani, a Norma Ledezma fondatrice dell’ Associazione “Justicia para nuestras hijas” che raggruppa tutte le famiglie delle donne e delle giovani scomparse, passando per Julia Estela Monárrez Fragoso che teorizza il femminicidio sessuale sistemico di Ciudad Juarez a Luz Esthela Castro Rodríguez Coordinatrice del Centro de Derechos Humanos de las Mujeres.
Tutte queste donne hanno ottenuto che il “femminicidio” fosse riconosciuto come atto di violenza di genere estrema su di una donna in quanto donna, hanno ottenuto riconoscimenti internazionali ed è grazie a loro che oggi se ne parla.
Roberta – Mujeres Libres Bologna