Introduciamo una breve e semplificativa analisi del decreto partendo da chi è Simone Pillon.
Simone Pillon è stato eletto nelle liste della Lega in Lombardia ed è diventato senatore del governo giallo-verde nel 2018. Di formazione e professione è avvocato, si occupa di diritto di famiglia ed è specializzato in mediazione familiare. Ma soprattutto è tra gli ideatori e organizzatori del Family Day, importante manifestazione delle più influenti associazioni cattoliche in difesa della famiglia tradizionale e dei diritti dell’embrione, durante le quali l’interruzione volontaria di gravidanza viene definita come sterminio di massa. Per entrare più nel merito, è lo stesso che ha promesso una “caccia alle streghe” contro le maestre che propongono progetti di educazione alle differenze e all’intercultura. Secondo Pillon, infatti, le streghe sono tutte quelle insegnanti che inculcano l’ideologia del gender nelle menti dei bambini, che vanno quindi perseguitate e fermate.
Citiamo testualmente alcune affermazioni di Pillon:
“Le unioni civili? Io le abolirei, la famiglia è quella naturale. Vorrei il matrimonio indissolubile!”
“L’obiettivo è aborti zero, altrimenti nel 2050 ci estinguiamo come italiani. All’abolizione della 194 ci arriveremo, come è successo in Argentina”
“Noi sosteniamo la vita e quindi dobbiamo convincere ogni donna a tenere il bambino. Se vuole abortire le offriamo somme ingentissime per non farlo. Se volesse ancora abortire, glielo impediremo”
Com’è evidente, questa persona non riconosce diritti conquistati in anni di lotte femministe e lgbtq né l’ autodeterminazione delle donne.
Ha proposto una riforma del diritto di famiglia attraverso il DDL Pillon. Il disegno di legge prevede 24 articoli, espressi tramite tecnicismi e un apparente oggettività giuridica che però non riescono a nascondere la vaghezza e le grosse lacune di cui si compone il testo. La tutela dei minori in caso di separazione e divorzio sembra essere la priorità di tale riforma, ma in realtà si tratta di una tutela che passa attraverso una svalutazione del ruolo dei genitori, la cui legittimità nel decidere passa a piene mani alla nuova e regolamentata figura professionale del mediatore familiare (guarda caso lo stessa figura professionale di Pillon). La mediazione familiare diventa obbligatoria, imposta dallo stato ed economicamente a carico delle famiglie. Al mediatore spetterà l’ultima parola con il giudice e avrà l’autorità di decidere se vostro figlio/a abbia subito una violenza familiare oppure se si tratti “solo” di PAS, “sindrome” da alienazione genitoriale, tanto cara alle associazioni dei padri separati. Una sindrome che scientificamente non è mai stata dimostrata ma che Pillon vorrebbe legittimare a pieno titolo in Italia. Con il riconoscimento della PAS, se il minore esprime disprezzo e insofferenza verso il genitore lamentando di aver subito violenza domestica, non per forza verrà creduto: esiste la possibilità che venga incolpata la madre per avergli fatto il lavaggio del cervello. La PAS si presenta come strumento pseudo scientifico utilizzato per scardinare la credibilità delle donne e dei minori che decidono di separarsi dal marito violento e abusante.
Scopo del decreto Pillon sembra essere voler imporre la bigenitorialità perfetta: concepire padri e madri con uguali diritti e doveri, partendo dal falso presupposto che uomini e donne abbiano uguali possibilità e condizioni per separarsi. Un’astrazione giuridica che esprime il falso, poiché rimuove di fatto la questione di genere: per separarsi e mantenere un figlio secondo gli standard del piano genitoriale, serve infatti un reddito e l’Italia, guarda un po’, è penultima in Europa per occupazione femminile. Le disuguaglianze di genere e la discriminazione quotidiana che costringono le donne ad essere pagate il 17% in meno rispetto agli uomini, non sembrano essere contemplate tra i presupposti della riforma del diritto familiare, che va, invece, ad imporre un aumento dei costi di separazione e divorzio in quanto la mediazione verrebbe resa obbligatoria ma non gratuita.
Ciò che ancora ci colpisce nel decreto sul diritto di famiglia, oltre alla sparizione delle discriminazioni di genere, è come non si parli mai del benessere delle/dei minori: diritti e doveri dei genitori vengono fatti corrispondere a parametri standardizzati di benessere economico, esclusivamente materiale, che i genitori sono costretti a garantire in maniera identica seguendo un preciso piano genitoriale che viene controllato periodicamente dal mediatore familiare.
Sono vari gli articoli discutibili perchè sfavoriscono sempre donne e classi di fascia debole, bisognerebbe leggerli e discuterli uno per uno con una giurista. Tuttavia quello che ci è chiaro è come attraverso questo decreto la fascistizzazione dello Stato progredisce. Fascistizzazione dello Stato perchè:
-E’ un decreto ad personam, di fatto istituisce e promuove un sistema di figure professionali che sono le stesse del campo di Pillon, noto per le sue idee catto-fasciste.
-Il mediatore familiare diventa figura obbligatoria di pianificazione e controllo delle vite delle famiglie e dei suoi componenti, a spese delle cittadine/i.
-Tutte le innumerevoli situazioni familiari vengono semplificate e regolate con dei protocolli standard, anziché essere valutate secondo la loro specificità o a partire da disuguaglianze o privilegi dovute a classe/genere e razza.
-Non si tiene minimamente conto della soggettività del/lla minore
Riteniamo estremamente pericoloso per l’autodeterminazione delle donne e delle soggettività non eteronormate che lo Stato attraverso delle figure di controllo entri nelle nostre vite per regolarle secondo i suoi meccanismi e principi che non condividiamo. Invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza, a essere pronti a costruire reti di dissenso e solidarietà, a resistere ognuno nel proprio quotidiano, a riconoscere le ingiustizie, le oppressioni e il ruolo dello Stato, dei suoi rappresentanti e degli strumenti che mette in campo per rendere le nostre vite più misere.
Mujeres Libres Bologna