Sono passati 76 anni da quel giorno simbolo della lotta di tanti e tante che hanno voluto immaginare un mondo senza oppressioni e non sono rimaste a braccia conserte ad aspettare una salvezza individuale.
Non siamo qui per commemorare ma siamo qua per seguire quella stessa strada immaginata e tracciata in quel lontano 1945.
Vogliamo ricordare, sì, ma nella lotta viva.
Il nostro transfemminismo è antifascista: nel mondo che vogliamo non c’è autoritarismo machista, non c’è la violenza del capitale che si serve delle gabbie di genere, non siamo angeli di nessun focolare.
Il nostro antifascismo è transfemminista: nel mondo che vogliamo tutto il sistema di oppressioni sarà saltato, comprese quelle che partono dagli stereotipi di genere, che vivono nelle discriminazioni e nelle cui paludi affondano le radici della violenza che quotidianamente viviamo.
Certo che la situazione è diversa da quel ’45, eppure noi ci sentiamo ancora di resistere quotidianamente.
A quelli che chiamiamo movimenti antiscelta, che altro non sono che fondamentalisti cattolici, reazionari, neofascisti foraggiati da fior fior di milioni.
A quelli che si ostinano ad ostacolare, a suon di delibere e tagli, le interruzioni volontarie di gravidanza. Anche per questo è stata usata la scusa dell’emergenza sanitaria, e noi sappiamo che le limitazioni alla possibilità di abortire sono una scelta politica e non emergenziale rivolta contro la libertà di scelta sui nostri corpi, oggetto del loro controllo.
Resistiamo al sistema capitalistico che, mettendo a nudo sempre di più le sue iniquità, inasprisce la sua violenza contro tutti i soggetti marginalizzati e le soggettività dissidenti.
Resistiamo al perpetuarsi delle diseguaglianze che con la crisi pandemica stanno esplodendo, che hanno aggravato il peso del lavoro di cura, delegato ancora una volta quasi esclusivamente sulle nostre spalle.
Resistevamo prima alla violenza di genere e lo facciamo ancora di più ora, costrette a stare nelle case che condividiamo con chi ci maltratta e denigra.
Resistiamo a chi ci uccide con inesorabile costanza, in una società inadeguata a rispondere a questa che è un’emergenza costante, strumentalizzata quando è utile a discorsi identitari, banalizzata quando invece mette in evidenza le fondamenta patriarcali della nostra cultura.
Tutta la nostra vita è un continuo schivare la violenza di genere, mettere in campo strategie per proteggerci, sfuggire dal senso di colpa, dai molteplici stigma che ci intrappolano limitando la nostra libertà di autodeterminarci e che si insinuano nelle vite di ognuna di noi. La nostra semplice esistenza è una resistenza.
Ma anche la nostra resistenza prevede una risposta, e lo facciamo organizzandoci collettivamente.
Lottiamo diffidando dalle narrazioni main stream, pregne della tossicità patriarcale, combattendo la disinformazione e alimentando la controinformazione, sottraendoci a modalità di confronto controproducenti, che incitano all’odio inaridendo i contenuti e prosciugandoli del loro significato complesso.
Lottiamo dando ascolto e spazio alle soggettività direttamente coinvolte che sperimentano vissuti di oppressioni e condividendone le lotte.
Lottiamo con le pratiche di mutuo aiuto nella nostra quotidianità e nei nostri spazi, cercando di arrivare noi con la sorellanza dove le istituzioni non hanno intenzione di arrivare.
Lottiamo ancora, perché essere transfemministe 76 anni dopo il 1945 significa ancora impegnarsi a riconoscere e chiamare i fascismi, che quotidianamente viviamo, con il loro nome.
Mujeres Libres Bologna