Il nostro intervento al corteo di Non Una di Meno indetto per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e di genere

Oggi, vogliamo dire che la violenza patriarcale non è solo quella che ci colpisce nelle case, nelle strade, negli affetti. È anche quella che si esercita nei consultori svuotati e nei corridoi degli ospedali sempre più privatizzati.
In questo momento, in Italia e nel mondo, qualcunə sta cercando un consultorio vicino, un’informazione corretta, un aborto sicuro. E trova ostacoli, giudizi, porte chiuse e numeri che non rispondono.
Anche questa è violenza.
L’accessibilità è cura, è autodeterminazione, è sicurezza.
Vogliamo consultori aperti, accessibili, raggiungibili, con personale formato e non giudicante.
Vogliamo consultori che siano presidi femministi sul territorio, non strutture di facciata con orari ridotti e servizi fantasma.
Il patriarcato non ha bisogno solo di forza fisica per opprimerci: gli basta impedirci l’accesso alla salute, rallentare una procedura, negarci informazioni, farci perdere giorni di lavoro, farci sentire sbagliate.
È violenza anche questa.
Negare l’aborto è una forma di violenza.
Lo ripetiamo: l’aborto è salute, è cura, libertá e autodeterminazione.
Negarlo, ostacolarlo, stigmatizzarlo significa esporci a rischi fisici e psicologici.
Quando una persona è costretta a spostarsi di regione per un IVG, quando trova un intero reparto di obiettori, quando deve subire ramanzine, retorica della colpa o domande invasive, quando viene paternalizzata o infantilizzata, quella è violenza.
E mentre tutto questo accade, c’è chi, come il presidente dell’Emilia-Romagna Michele De Pascale, parla di “pressione” dalle altre regioni e ipotizza limiti alla mobilità sanitaria.
Se iniziamo a decidere chi ha diritto alla cura in base alla residenza, se trasformiamo l’accesso alla salute riproduttiva in un privilegio territoriale, il risultato sarà sempre peggiore: verremo ostacolatə, colpevolizzatə, esclusə.
Per questo rivendichiamo una sanità senza confini, dove l’aborto sia garantito ovunque e per tuttə.
Non accettiamo la narrazione che vuole la violenza come un evento eccezionale: la violenza è anche sistemica e istituzionale.
È nei tagli alla sanità e nella sua progressiva privatizzazione.
È nell’obiezione di coscienza.
È nell’idea che i nostri corpi siano sacrificabili.
Vogliamo che nei consultori, come in ogni luogo di cura, si parli di aborto e salute riproduttiva senza linguaggio binario, senza escludere le persone trans e non binarie.
Nominarle non è un vezzo: è garantire sicurezza, riconoscimento, dignità.
Vogliamo personale formato sulle discriminazioni abiliste, razziste, grassofobiche.
Vogliamo che la cura si basi su ascolto, informazioni chiare e rispetto, non sul paternalismo medico.
Vogliamo che le persone gestanti e tutte coloro che accedono a servizi medici vengano interpellate sui loro corpi, senza dover subire diagnosi spiccie che non considerano la conoscenza del proprio corpo come parte necessaria della costruzione della diagnosi clinica.
Vogliamo che le persone che soffrono di endometriosi, vulvodinia, adenomiosi, malattie del pudendo, ma anche sindrome da ovaio policistico, cistiti e candide, tra le varie malattie invisibilizzate, possano accedere ad una sanità pubblica più competente, attenta e scrupolosa nell’analizzare le sintomatologie, così da migliorare le cure e da ridurre gli imbarazzanti e dannosi ritardi diagnostici sui nostri corpi.
Non ci basta denunciare il fascismo: vogliamo estirparlo anche dentro la sanità pubblica.
Perché anche quando sparirà l’ultimo antiabortista e l’ultimo obiettore, resteranno la cultura della colpa, lo stigma, la narrazione traumatica dell’IVG.
E noi queste narrazioni le vogliamo sradicare una per una.
Vogliamo consultori aperti e potenziati.
Vogliamo accesso pieno, gratuito e dignitoso all’aborto.
Vogliamo che l’ aborto sia ugualmente accessibile e dignitoso in ogni regione d’Italia e paese del mondo.
Vogliamo telemedicina, autodeterminazione, possibilità di scegliere dove e come abortire.
Vogliamo un sistema sanitario che non ci faccia elemosinare ciò che è già nostro.
Vogliamo che nessunə sia mai più costrettə a vivere la propria salute come un percorso a ostacoli.
La cura che i movimenti femministi in tutto il mondo sperimentano deve diventare fondamentale nella salute pubblica, perche un’esperienza del corpo serena è una cosa che deve riguardare tuttx.
A Bologna stiamo ancora aspettando l’attuazione delle linee di indirizzo che prevedono la possibilità dell aborto a domicilio. Pensiamo che un’ulteriore possibilità di scelta sia fondamentale e non più rimandabile . Ma non ci accontentiamo: vogliamo case dignitose in cui abortire, vogliamo scegliere il posto più sereno possibile per noi, vogliamo indicazioni chiare. che Ancora oggi, nella regione che millanta eccellenza, non esiste una guida chiara all’interruzione volontaria di gravidanza. È finito il momento delle chiacchiere: se la violenza di genere è ovunque noi siamo quella marea che la spazzerà via !