Rete dei Consultori e delle Consultorie: presidio a Bologna

Venerdì 1 marzo 2024 presidio al Portico dei Servi: verso lo Sciopero Transfemminista

In vista del presidio abbiamo lanciato una call di Testimonianze clicca qui per compilare il form oppure vai in fondo al post

 

CI VOLETE IN MILLE PEZZI… CI AVRETE UNITƏ IN MILLE PIAZZE
26 FEBBRAIO – 3 MARZO 2024 SETTIMANA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE PER LA DIFESA DELLA SALUTE E DELLA SANITÀ PUBBLICA: UNISCITI A NOI!
 Per difendere i consultori pubblici, per pretendere che non vengano smantellati o svuotati della loro funzione di risposta ai reali bisogni dei territori e delle soggettività che li abitano;
 Per autogestire consultorie transfemministe come luoghi di elaborazione politica e di costruzione di sguardi e pratiche diverse sul diritto alla salute e al benessere individuale e collettivo;
• Per lottare contro la distruzione del Servizio Sanitario Nazionale pubblico e la sua conseguente privatizzazione, che coinvolge i consultori in prima linea;
 Per contrastare le politiche sanitarie nazionali e regionali che svuotano di servizi e  di personale i consultori, fino ad arrivare alla loro chiusura e contemporaneamente potenziano le strutture private gestite da enti religiosi e associazioni sedicenti pro-vita;
 Per estirpare l’obiezione di coscienza in tutte le sue forme;
 Perché siamo provatə dalle malattie, dal disagio sociale e dalle violenze, dallo sfruttamento sul lavoro e dalle conseguenze disastrose dei cambiamenti climatici, dei territori portati allo stremo, delle acque inquinate e dell’aria irrespirabile.
#RIPRENDIAMOCIICONSULTORI E PRETENDIAMO #CONSULTORIƏPERTUTTƏ
⚧️ Vogliamo che i consultori rimangano spazi accoglienti per tuttə, dove ottenere prevenzione, salute e benesseregratuitamente e senza discriminazioni di classe, di provenienza geografica, di genere, di età e di scelte relative a relazioni e sessualità;
‼️Pretendiamo che i consultori vengano riaperti se sono stati ingiustamente chiusi e che sia rispettata la legge che ne prevede 1 ogni 20 mila abitanti;
‼️Chiediamo un miglioramento immediato delle condizioni di lavoro di chiunque lavori dentro le strutture sanitarie indipendentemente dalla mansione;
‼️Riaffermiamo il diritto all’autodeterminazione e alla libertà di scelta su genitorialità, comunità di cura, salute riproduttiva e aborto, genere e transgenere, piacere e desiderio;
🔥 Ci riprendiamo il diritto alla salute e allo stare bene che non può avvenire attraverso il profitto, la violenza medica o la mercificazione dei corpi;
🔥 Ci riappropriamo attraverso le nostre assemblee di queste strutture sociosanitarie universali e polifunzionali per i nostri bisogni.
💜 Ci siamo unitə nella Rete nazionale delle assemblee delle donne e delle  libere soggettività dei consultori pubblici e delle consultorie autogestite e transfemministe per rafforzare le nostre richieste locali e per moltiplicare l’effetto delle nostre lotte.
💜 La condivisione, la chiarezza dei nostri obiettivi e la nostra rabbia contro la negazione dei nostri diritti e contro la violenza del patriarcato sono la nostra forza:
CI VOLETE IN MILLE PEZZI… CI AVETE UNITƏ IN MILLE PIAZZE!
⚧️ Forti delle mobilitazione e delle riflessioni fatte con Non Una Di Meno e con le varie realtà transfemmministe, le nostre piazze proseguiranno anche l’8 marzo.
✊ SCIOPERIAMO TUTTƏ PER UNA SALUTE TRANSFEMMINISTA!
*******
Abbiamo pensato a due raccolte di testimonianze una più generale su chi attraversa le strutture sanitarie come “utente” una per chi ci lavora. Leggi sotto!

🔥 Per lottare contro la distruzione del Servizo Sanitario Nazionale e la contemporanea privatizzazione e aziendalizzazione che coinvolge tutti i presidi sanitari e che rende l’accesso alla salute sempre più un privilegio di classe per pochəper difendere i consultori pubblici e per pretendere che non vengano smantellati o svuotati dalla loro funzione di risposta ai reali bisogni legati alla salute e al benessere
Il 1 marzo alle ore 18:00 saremo in piazza del Nettuno.
Siamo consapevoli che scendere in piazza non è una pratica di lotta accessibile a tuttə sia per motivi di salute che per ragioni di lavoro o caregiving, nonostante ciò ci piacerebbe che questa giornata potesse essere amplificatrice delle voci di tuttə
Per questo se venerdì non potrai esserci ma vuoi dare voce alla tua esperienza o se ci sarai ma non te la senti di esporti in pubblico, puoi inviarci la tua testimonianza!
Che tu abbia vissuto forme di violenza ostestrica o medica, che tu stia lottando per avere un appuntamento per una visita specialistica in tempo breve e in  una struttura vicina senza dove ricorrere agli enti privati, che tu ti sia scontrata con la grassofobia di medicə e con le attrezzature ospedaliere standardizzate sui corpi conformi alla norma, che tu abbia una disabilità, una malattia cronica o una qualunque patologia per cui combatti quotidianamente con l’abilismo del sistema sanitario, che tu sia incazzatə per l’inacessibilità alla burocrazia per le persone non italofone e la mancanza di conoscenze mediche sulle persone non bianche, le persone trans e i percorsi di transizione, scrivici, registrati, disegna, sfoga la tua rabbia col mezzo che più ti piace e condividila con noi, la porteremo in piazza, ne saremo megafono!
Scrivici qui su IG, su Facebok Mujeres Libres Bolognamandaci una mail a viazambonifemminista@inventati.org o compila il form anonimo 
🔥 Lavori o fai il tirocinio in un ospedale, in un consultorio o in un ambulatorio? Raccontaci le condizioni di chi lavora nel mondo della sanità.
Il 1 Marzo alle 18 saremo in Piazza del Nettuno e leggeremo le tue parole al presidio della Rete dei Consultori e delle Consultorie, una piazza per denunciare lo smantellamento dei sanità pubblica e rivendicare un’idea di benessere transfemmminista per tuttə.
Aspettando lo sciopero transfemminista contro la violenza patriarcale dell’8marzo, uniamoci!
Scrivici qui su IG, su Facebok Mujeres Libres Bologna, mandaci una mail a viazambonifemminista@inventati.org o compila il form anonimo 
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Sex Work is Work 16 e 17 dicembre 2023

Il nostro intervento sul sex work per la mobilitazione con Non una di Meno del 16 dicembre e per raccontare la nostra azione notturna con striscioni sparsi per la città

 

Giovedì una donna colombiana trans e sex worker è stata accoltellata 4 volte al petto da un uomo che si è finto suo cliente per tentare di rapinarla.

Stringendoci a questa ennesima sorella colpita dalla violenza, ieri durante la giornata di mobilitazione di Non Una Di Meno ci abbiamo tenuto a ribadire che la violenza che colpisce le sex worker è violenza di genere: che gli uomini, i compagni, i clienti, gli sbirri agiscono sulle sex worker la stessa violenza patriarcale che colpisce tutte noi, quella violenza patriarcale che, nonostante ci divida in sante e puttane, ci ammazza al ritmo di almeno una ogni tre giorni nello stesso modo.
Anzi, le sex worker le ammazza con più facilità, nel silenzio e nell’indifferenza generalizzata, perché sono relegate ai margini da leggi che invece che assicurare loro i diritti le criminalizzano, perché sono invisibilizzate dalle ordinanze dei sindaci che invece che tutelarle le spingono sempre più in periferia, lontane dallo spazio pubblico, in nome del decoro urbano e
delle città vetrina.
Leggi sc

ritte non con loro ma sulla loro pelle da sedicenti salvatrici bianche, come la senatrice 5 stelle Maiorino che, mentre veniva invitata a parlare di tutela dei diritti LGBT al pride di Milano, metteva in pericolo le lavoratrici sessuali e stigmatizzava le donne trans in un disegno di legge basato sul modello neo-abolizonista. Un modello diffuso nel Nord Europa che, criminalizzando il cliente, obbliga le sex worker a contrattare le prestazioni in luoghi sempre più nascosti e sempre più velocemente. Un modello che riduce sempre più gli strumenti di mutuo-aiuto a loro disposizione, come la possibilità di associarsi o di condividere gli appartamenti. Un modello che, elevando gli sbirri a salvatori, permette loro di abusare della posizione di potere che hanno. Le sex worker svedesi raccontano di un aumento degli sfratti, degli episodi di profilazione etnica, delle espulsioni delle lavoratrici migranti che si rivolgono alla polizia per chiedere supporto.
Vittimizzazione, paternalismo, invisibilizzazione e stigma sono gli ingredienti che animano il dibattito politico e la narrazione mediatica riguardo a questo tema. Dibattito in cui le voci delle dirette interessate sono invece sistematicamente silenziate, in cui la loro autodeterminazione non viene mai riconosciuta, in cui sono tutte considerate vittime da salvare dalle buone donne samaritane cattoliche figlie della cultura patriarcale.
Ieri, come ci hanno chiesto le compagne sex worker Ombre Rosse, ci siamo invece fatte megafono di queste voci e abbiamo urlato forte che pretendiamo che, superando la divisione dicotomica tra chi lo fa per scelta e chi lo fa per costrizione, il lavoro sessuale sia considerato un lavoro, e che le lavoratrici sessuali accedano a tutte le forme di tutela e di welfare previste dal diritto del lavoro.
Vogliamo che la lotta femminista non lasci indietro nessuna, tantomeno le sex worker. La loro è una lotta profondamente intersezionale perché nominare donne, persone trans, razzializzate, disabili, povere, vecchie o senza dimora significa nominare identità che si intrecciano profondamente al lavoro sessuale creando oppressioni multiple che espongono ancora di più alla violenza di genere, al razzismo, all’abilismo, all’omobilesbotransfobia, all’ageismo.
Vogliamo la fine di ogni stigma e della puttanofobia, per permettere alle compagne sex worker di potersi esporre sia per denunciare le violenze di genere che subiscono che per avanzare in prima persona le proprie istanze in ogni contesto pubblico. Ancora oggi infatti ammettere di fare sex work espone le persone a discriminazioni perpetrate dalle proprie famiglie e dalla propria rete sociale, al rischio di licenziamento e alla difficoltà ad accedere ad altri tipi di lavoro.
Vogliamo canali regolari di accesso per le persone migranti per combattere la tratta per sfruttamento sessuale e contemporaneamente permessi di soggiorno per lavoro per tutelare e regolarizzare le persone migranti lavoratrici sessuali.
Vogliamo libertà di associazione tra sex worker, perché si possa lavorare in luoghi sicuri, con persone pronte a intervenire e a supportare in caso di problemi con i clienti, perché si possano formare reti di supporto che sono fondamentali per le sex worker come ha dimostrato la raccolta fondi “Nessuna da sola” lanciata ad aprile 2020 in piena pandemia per sostenere le lavoratrici escluse dalle prestazioni sociali istituite come misure di emergenza dal governo.
Vogliamo la decriminalizzazione del lavoro sessuale e l’abolizione del modello nordico.
Vogliamo case e reddito per tutte per porre rimedio alla povertà e alla precarietà.
Vogliamo che la violenza di genere, la violenza istituzionale, la violenza razzista, classista, omobilesbotransfobica, abilista, la violenza del capitalismo e quella dei confini finiscano e che finiscano adesso.
Vogliamo che il 17 dicembre, la giornata contro la violenza sulle sex worker (istituita nel 2003 da una compagna sex worker, Annie Sprinkler, che proprio in tale data organizzò a Seattle una veglia in memoria delle almeno 48 sex worker uccise dal serial killer Gary Ridgway) diventi una giornata fondamentale di lotta per il movimento transfemminista e per ogni altro gruppo si definisca compagno.

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su Sex Work is Work 16 e 17 dicembre 2023

No gender e Valditara

Il nostro intervento per la mobilitazione del 16 dicembre  2023 con Non una di Meno a Bologna

🔥 MAI PIÙ SOL3, MAI PIÙ ZITT3 🔥
GIORNATA DI MOBILITAZIONE DI NON UNA DI MENO
Se le inventano tutte pur di renderci la vita impossibile, come se non ci fossero altre priorità in questo paese che ostacolare l’interruzione volontaria di gravidanza.
La proposta di legge “un cuore che batte” ha raggiunto il quorum di firme per essere discussa in parlamento. Questa proposta prevede l’introduzione di un comma nella già problematica legge 194 che impone al personale sanitario l’obbligo di far ascoltare il battito del feto e mostrare l’ecografia a chi vuole abortire.
Ci sembra scontato e assurdo ritrovarci ancora una volta a denunciare come gli ostacoli per l’IVG siano sempre più aggressivi e colpevolizzanti. Che cosa dovrebbe fare questa imposizione se non farci star male, farci sentire giudicate per non essere merce per lo stato nazione, per non essere delle madri infelici che non ci stanno a una vita di merda? Come potrebbe la colpevolizzazione aumentare le nascite?
Se in questo paese non si fanno figli non è perché non abbiamo studiato biologia ma perché avere una casa decente è impossibile, perché ci fate lavorare troppo con contratti che non raggiungono i 9 euro l’ora, perché vi aspettate che la nostra vita la mandiamo al macero per essere solo madri e domestiche instancabili, perché gli uomini non sono abituati a fare lavori di cura. E anche se ci fosse un welfare perfetto, lo diciamo e ribadiamo la maternità è solo una delle tante possibilità: una donna transfemmnista può essere quello che vuole mentre il governo Meloni può essere solo un governo fascista!
Ci opponiamo a questo ennesimo attacco alla nostra libera autodeterminazione. Conosciamo i pro vita e i comitati antiscelta: sono fascisti. E con il fascismo non si discute, lo si abbatte. Il fascismo pro vita è un’infestazione: si insedia nelle scuole, nei centri giovanili, nell’accoglienza per persone in movimento, negli ospedali. Si traveste da suore docili ma è il braccio armato dei fascisti come Valditara.
Con le infestazioni bisogna essere preparate, determinate e pazienti. Bisogna stanarle nei più piccoli spazi della società civile, perché anche quando sembrano innocue in realtà stanno creando nidi di misoginia e violenza omobilesbotransfobica e stanno coltivando cazzate come la teoria gender.
La guerra “al gender” e alla “grande sostituzione dei popoli europei da parte di popoli non europei” e la difesa della “famiglia naturale” e delle “radici cristiane dell’Europa” costituiscono ormai i cardini retorici e ideologici del nuovo manifesto politico della destra europea, da Vox in Spagna all’Afd in Germania, passando per la Lega o Fratelli d’Italia nel nostro paese.
Non crederemo mai alla retorica che vuole opporre i diritti delle donne a quelli delle persone trans e queer, poiché non è con il binarismo che si combatte il patriarcato ma anzi è proprio su un’idea stantia dei generi che il patriarcato con tutte la sua violenza si poggia.
Insieme, ognuna con le proprie pratiche, dobbiamo e possiamo contrastare un modello reazionario bianco e familista che ci uccide ogni giorno e disegna futuri terribili per chiunque sogna un vita che non sia di sfruttamento, stigma e infelicità.

NON ABBIAMO PIÙ NIENTE DA PERDERE, O ORA O MAI PIÙ!

Pubblicato in 194 e aborto, Antisessismo, comunicati&volantini, Corpi, LGBITQ, non una di meno | Commenti disabilitati su No gender e Valditara

Per Giulia per Tutte!

Il nostro intervento al corteo per Giulia Cecchetin a Bologna del 22 Novembre 2023

🔥 PER GIULIA, PER TUTT3 🔥

 

La notizia del femmicidio di Giulia ci ha colte con estremo dolore. Anche se lo sapevamo tutte che non sarebbe tornata, abbiamo sperato fino all’ultimo in un finale diverso. Man mano che passavano i giorni, mentre la narrazione che ci veniva propinata era quella della fuga d’amore, maturava sempre più forte in noi la consapevolezza che Giulia non sarebbe tornata. Mentre ci definivano pazze ed esagerate, noi speravamo. Abbiamo sperato fino all’ultimo secondo, con tutta la nostra forza, con tutto il nostro amore.
Poi la notizia, lo shock, l’atterrimento, il senso profondo di dolore e di vuoto che colpisce alla notizia di ciascun femminicidio.
Poi la rabbia, una rabbia feroce, e la consapevolezza che Giulia poteva e potrebbe essere chiunque di noi, perchè se siamo qui a ricordarla, se siamo vive è soloperche siamo state più fortunate.

 

Nessuna di noi è al sicuro, e lo sappiamo bene: crescendo socializzate come donne ci troviamo costantemente in stato di allerta. Il messaggio all’amica per sapere se è arrivata a casa è un’esigenza che tutte noi conosciamo, stringere le chiavi mentre camminiamo per strada la sera sentendo dei passi avvicinarsi è un sensazione di cui abbiamo tutte esperienza, la paura che non venga accettata la nostra volontà di interrompere una relazione è un timore che tutte proviamo.
Sappiamo che non siamo mai al sicuro.
Sappiamo che non dipende da noi se incontriamo sulla nostra strada un maschio che decide che siamo sua proprietà.
Non dipende da come siamo vestite, non dipende da quanto abbiamo bevuto, nè con quanta libertà ci siamo concesse di sognare.

Giulia, come tutte le altre, la sentiamo come fosse nostra sorella. E anche Elena la sentiamo come tale. Elena che, in un momento di dolore inimmaginabile, ha trovato la forza e le parole per urlare con rabbia che il femminicida di Giulia non è un caso isolato, è il prodotto sano di una cultura patriarcale e violenta. Una cultura pregna di sessismo, della quale il femminicio è solo l’esito estremo delle tante forme di violenza di genere che ogni giorno subiamo sulla nostra pelle.

 

Nel frattempo un’altra donna è stata uccisa ieri e un’altra è stata sfregiata con l’acido dall’ex e ancora ci stiamo sorbirbendo la narrazione che vuole il femminicida come mostro!

 

Alla violenza esercitata dai media si aggiune poi quella istituzionale: non solo la polizia non crede alle nostre parole e, quando andiamo a denunciare, ci svilisce, ci umilia, ci molesta, non solo ci picchia e reprime, ma si appropria anche delle nostre parole svuotandole di senso.

 

Sappiamo bene che la risposta alla violenza non si trova in politiche securitarie e in pene più severe, sappiamo che la risposta si trova in un cambiamento culturale radicale. Un cambiamento che nasce dall’educazione sessuo-affettiva nelle scuole senza nessuno spazio per le ideologie dei no gender.
Un cambiamento che si coltiva nelle pratiche di sorellanza transfemminista.
Un cambiamento che sia supportato da un wel-fare non familista, da una redistribuzione della ricchezza e del lavoro di cura, da servizi sanitari non giudicanti e da case dignitose a prezzi popolari. Come facciamo ad andare via di casa se case non ce ne sono?
Un cambiamento per il quale lavorano da anni i centri antiviolenza. Gli stessi centri antiviolenza a cui il governo taglia i fondi. Centri antiviolenza, come Lucha y Siesta, che rischiano di essere chiusi.
L’indispensabilità dei centri antiviolenza è evidente, come è evidente l’importanza che siano luoghi transfemministi e non neutrali. Per questo chiediamo il sostegno e il riconoscimento di tutte le lavoratrici e le volontarie che operano nei centri, per questo pretendiamo che sorgano centri ovunque, non solo nelle grandi città: se siamo fortunate a sopravvivere dalla violenza, vogliamo uscirne!

 

La risposta non è solo materiale ma anche culturale e il ritornello della centralità dell’educazione affettiva nelle scuole ce lo ricorda. E allora educazione sia! Ma la vogliamo transfemmminista, senza moralismi, senza intrusioni dei movimenti no gender o di quelli no choice. Vogliamo che sia affidata a persone competenti, e non a personaggi come Alessandro Amadori che negano la matrice patriarcale della violenza di genere.
La scuola però come può sorreggere anche questo peso? Peso che fin’ora hanno portato sulle spalle docenti coraggiose e instancabili sostenute da associazioni femministe formate e determinate. Ma questo non ci è mai bastato e non ci basta più: pretendiamo che alle docenti vengano dati strumenti, tempo, risorse e stabilità affinché qualcosa di serio si inizi veramente a smuovere!

 

Stringiamoci tra noi, stringiamoci ad Elena e a tutte le altre nostre sorelle. Potenziamo e nutriamo questa sorellanza che oggi sentiamo così forte, che ci tiene insieme e ci protegge perchè in una società che ci riserva violenza e oppressione è la nostra arma più potente.
Alle persone che stanno vivendo una situazione di violenza fisica, economica o psicologica va il nostro pensiero. Vogliamo dire a gran voce che a sentirsi delle merde non dobbiamo essere noi ma loro! Non eravamo noi che dovevamo accorgercene prima, che dovevamo lasciarlo, che dovevamo cambiarlo: le merde rimangono gli uomini maltrattanti e questa cosa, care sorelle, non ce la dobbiamo scordare!

PER GIULIA, NON BASTANO SILENZIO E LUTTO

GRIDEREMO FORTE E BRUCEREMO TUTTO!

Pubblicato in Antisessismo, comunicati&volantini, non una di meno, Rifiutiamo la violenza di genere | Commenti disabilitati su Per Giulia per Tutte!

Abortembre 2023

Da qualche anno il 28 settembre – giornata internazionale per l’aborto libero sicuro e gratuito – fa parte partedel calendario politico transfemminista italiano e come collettivo abbiamo deciso anche quest’anno di dedicare una serie di iniziative attorno a questa data.

21/09 Antiscelta sulle scelte di chi? Ne parliamo con Massimo Prearo. H 18:30 a Fondo Comini (via Fioravanti 68)

28/09 Giornata internazionale per l’aborto sicuro. Mobilitazione con @nonunadimeno_bologna

12/10 Tavola rotonda sulla violenza ostetrico ginecologica collettivo Prometeo, CSI (Centro di Salute Internazionale) ed Eleuti Lelpo (ostetrica) nella saletta Prometeo dentro l’area dell’ospedale Sant’Orsola, viale Ercolani 33

Per quest’ultimo appuntamento stiamo raccogliendo delle testimonianze:
Hai vissuto esperienze negative durante il parto, l’aborto o esami, visite o interventi in ambito ginecologico? Puoi raccontarcelo in forma anonima scrivendoci in DM su intasgram e facebook o mandando una mail a viazambonifemminista@inventati.org , oppure puoi venire a condividere la tua esperienza durante l’iniziativa

Il 27 settembre inoltre abbiamo contestato gli antiscelta di fronte all’Ospedale S.Orsola. Puoi leggere come è andata sui nostri canali social

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