Letture infuocate: Itziar Ziga, Alessandra Racca, Audre Lorde, Virginie Despentes

Pubblichiamo, con un pò di ritardo, i testi di “Letture infuocate“, interpretati (l’11 maggio all’interno del Festino di primavera organizzato dal nostro collettivo) da Laura Saracino e a cura di Fucine Vulcaniche e con le musiche di La Mansarda Clandestina.

Alcuni dei testi qui sotto – o parte di essi – li trovate anche sul blog di Malapecora, che li ha proposti nel reading “King Kong Ladies” alla Lady Fest del 2011.

Buona lettura! 😉

Itziar Ziga

Siamo partite da Itziar Ziga: femminista basca. Decide di fare del giornalismo dai margini, attivista e ha deciso di non vendersi, mantenendosi facendo la cameriera. La traduzione di questo pezzo è a cura del collettivo femminista Mujeres Libres:

AVVERTENZE

Prima di tutto voglio avvertirvi. Nonostante mia madre e il Ministero dell’Educazione abbiano creduto in me e mi abbiano pagato la Facoltà di Giornalismo, mi trovi dove mi trovi mi esprimo come un camionista nel traffico dell’autostrada. […] Non sono mai stata buona. E’ stata una battaglia persa in partenza e che non mi è mai interessato combattere. Già da piccola mi piaceva troppo rispondere  e dire la mia di più di quello che era consigliabile per le brave ragazze. Mio padre me lo ha ripetuto mille volte: da quando mi vide appena nata seppe che gli avrei dato problemi. E si che glieli ho dati. Anche se non ho avuto altra scelta che sopportarla, non ho mai accettato la sua violenza contro noi altre. Sono nata in guerra con l’ordine patriarcale che minacciava la mia vita e quella di tutte le donne: non potevo che essere femminista. Quando le mie tette iniziarono a spuntare da quella massa di carne innocente e assaggiai il miele del peccato, non volli nemmeno conformarmi all’accarezzare un solo corpo. Mi è sempre piaciuto come suona la parola puttana. Tanto che anche i miei fidanzati mi chiamavano stronza. Dopo scoprii i corpi delle mie amiche. E fui anche peggiore. Questa mia tendenza precoce a non rimanere inquadrata in quello che ci si aspetta da una brava ragazza fu una rivelazione. Non sarei mai stata felice se mi fossi conformata con i limiti della femminilità. Li dovevo sconvolgere. […]

«Ho accettato la purezza come la peggiore delle perversioni.» Queste parole di Marguerite Yourcenar mi perseguitano, si ripetono nella mia testa come una preghiera. La verità obiettiva è sempre la versione del potere. E io scrivo dai margini, dalle fogne del sesso. Dall’attivismo e dalla rabbia di genere e di classe, come donna permale e come povera.

Questo è un trattato di amore. E anche di rivalsa. […]

Non credo nel soggetto, non credo nella persona, non credo nella mia voce.

Mi appello fin da ora alla discordanza di genere come meccanismo di sabotaggio sessuale e linguistico. Non mi è mai uscito dalla figa il generalizzare al maschile, ma nemmeno vorrei incartarmi con tediose i/e o chiocciole o asterischi. La segregazione biologico – sociale del genere è per me ogni volta meno chiara. Non so più che cos’è una donna e nemmeno mi interessa. […]

Questo è un altro avvertimento: sono radicale. Radicale si dice di chi cerca la radice delle cose. Quindi non essere radicale è essere un pò superficiale e, in realtà, stupida. Nonostante quello che dicono i telegiornali. Una delle accuse più abituali con le quali normalmente svalorizzano le femministe è la cantilena che odiamo gli uomini. Nel mio caso, niente di più lontano dalla realtà. A me piacciono gli uomini. Sono i machisti quelli che non sopporto. Ho molti più amici uomini della maggior parte di quegli imbecilli che mi hanno additato nel corso della mia vita come anti-uomini. E il femminismo è stato precisamente il discorso vitale che ha permesso che io mi curassi le ferite aperte dalla brutalità dei machisti e che mi alleassi con gli uomini. Trasformare questo incubo in un mondo abitabile. […]

Ah, quasi mi dimenticavo. Può essere per carattere, per gli ormoni endogeni e sintetici che mi rivoluzionano in ogni momento, per la mia affezione al gin –  tonic, per il mio oroscopo maya o per aver passato la mia infanzia in quella Renteria degli anni ottanta che assomigliava a Beirut, sono esaltata, incendiaria e molto figa.

Quindi ricapitolando: sono una puttana basca femminista radicale di cui si parla male e propagandista. Prima che lo sputi qualcuno, già l’ho detto io.”

Itziar Ziga – Devenir Perra – pp. 15 – 19

Alessandra Racca

Poi è toccato ad Alessandra Racca o La Signora dei calzini: poetessa torinese.

Canzone per la mia V: vagina vagina vagina vagina vagina vagina

La mia v / è una miniera / per un sacco di tempo non ci sono scesa / mi faceva paura

Paura di rimanere là sotto / Paura dell’umido là sotto / Paura delle mani cieche come solo sei cieca là sotto

Ma, sotto sotto / sapevo che là sotto… / …non sapevo un cazzo / ma la mia v stava comunque sotto

la mia v / lei è rossa e nera / lei è solo cunicoli e feritoie / lei è solo tutta aperta / tutta chiusa / lei è solo palpebra e occhio / lei è solo una v che è me

La mia v è la mia v / c’è così poco da dire che c’è troppo da dire

La mia v ha idee proprie / non sempre le piace la gente / che piace a me

La mia v / è una fontana / è la realtà che supera la fantasia / è una fonte di liquidi di tanti colori

la mia v io la metterei in piazza / la mia v ha sempre qualcosa da lacrimare / ma non si lagna / al massimo canta e zampilla

la mia v è una bocca sempre aperta / ma non sempre ha voglia di mangiare

La mia v è un profumo / che sa di puzza

La mia v ha un appetito formidabile / la mia v / è curiosa / ed ha 3 anni e 303 / 3 anni e 303 nello stesso istante

La mia v / a volte si sente sposa / allora si veste di rosso / a volte si sente sacerdotessa / e allora si veste di rosso / a volte si sente madre / e allora si veste di rosso / a volte si sente amante / e allora si veste di rosso

la mia v / a volte si rompe i coglioni / di essere sposa sacerdotessa professoressa madre amante / e chissà quale altra vagineria / vuole essere solo v / e allora si veste di rosso

La mia v / si porta dentro / la magia più semplice del mondo / ma non se la tira per questo / la mia v / dice / che quando sarà ora saprà come fare / e se non sarà mai ora / ci potremo aggiustare

La mia v vuole bambini / La mia v non vuole bambini

La mia v non vuole cazzi / La mia v vuole cazzi

La mia v fa rumori / e continui movimenti / teme di essere dimenticata

La mia v / è gentile / ma devi essere gentile con lei

La mia v / a volte abbaia / e a volte vorrebbe mordere / ma non c’è da preoccuparsi / can che abbaia non morde / e se proprio can morde / can che morde ha le sue ragioni

La mia v / ama chi è gentile / ma è una v da emozioni forti

La mia v / sa cullare e curare / sa coccolare / la mia v sa prendersi cura di

La mia v / ama chi indovina come prendersi cura di lei / la mia v / fa domande a sé stessa / vuole sapere come le piace che ci si prenda cura di lei / alla mia v / non gliel’hanno insegnato / la mia v / vorrebbe andare a scuola / e poi dimenticarsi tutto quello che ha imparato

La mia v è senza cognomi / è v e basta / la mia v certe volte vorrebbe un nome e un cognome / e un titolo professionale / la mia v / si diverte quando è v e basta

Alla mia v / piace appartenere a qualcuno / la mia v / non appartiene a nessuno / la mia v si lascia appartenere

La mia v / sente dolori / e dice che assomigliano a quelli di tutto il mondo

La mia v / ha paura / solo quando ha paura

La mia v / sta’ laggiù / e io stò laggiù / e chi stà laggiù sa che il mondo / ha senso anche se lo si guarda / all’incontrario

La mia v è la mia v / e io sono la mia v / e la mia v è me / ma io sono io / e la mia v è la mia VAGINA

Alessandra Racca – Nostra signora dei calzini – pp. 103 – 107

Audre Lorde

E ancora  Audre Lorde: femminista nera e lesbica. Poetessa, scrittrice e insegnante universitaria. Figlia di migranti del Caribe, nasce a New York nel 1932. Lei si considera fondamentalmente una poetessa, anche se ha scritto anche romanzi. Si ammala di un cancro al seno che però vede come una possibilità positiva per legare la sua lotta anche ad altre riflessioni, su come questa malattia influenza la sua identità. Muore nelle Isole Vergini nel 1992.

L’erotico è una misura tra l’inizio del nostro senso di sè e il caos dei nostri sentimenti più forti. E’ un senso interiore di soddisfazione al quale, una volta che l’abbiamo sperimentato, sappiamo di poter aspirare. E una volta che abbiamo sperimentato la pienezza di questa profondità di sentire, riconoscendo la sua forza, per  onestà e rispetto di noi stesse, non possiamo esigere niente di meno per noi.”

Al godere dell’erotico in tutti i nostri atti il mio lavoro diventa una decisione cosciente….un letto desiderato dove mi addormento con gratitudine e dal quale mi sveglio rafforzata.”

Audre Lorde –Usi dell’erotico – L’erotico come potere 

Abbiamo concluso con Virginie Despentes: scrittrice e regista francese. 

Virginie Despentes

Ciao, ragazze

Quello che le donne hanno attraversato, non è solo la storia degli uomini, ma anche la loro specifica oppressione. Di una violenza inaudita. Da cui questa semplice proposta: andate tutti a fare in culo, con la vostra condiscendenza verso di noi, con le vostre simulazioni di forza garantite dal collettivo, la vostra protezione puntuale o la vostra manipolazione di vittime per le quali l’emancipazione femminile sarebbe qualcosa di difficile da sopportare. Quello che continua ad essere difficile è essere donna e tollerare queste queste stronzate. I vantaggi che traete dalla nostra oppressione in realtà sono trappole. Quando difendete i vostri diritti di maschi, siete come gli impiegati di un grand hotel che si credono i padroni … dei lacchè arroganti, ed è tutto.

Quando il mondo capitalista crolla e non può soddisfare le necessità di nessuno, quando non c’è lavoro, ne’ dignità nel lavoro, in mezzo ad esigenze economiche crudeli e assurde, a vessazioni e umiliazioni burocratiche, ci si accusa di essere le uniche responsabili. Quello che vi rende infelici è la nostra liberazione. Non è colpa del sistema politico, ma dell’emancipazione delle donne.

Voler essere un uomo? Non mi interessa. Non voglio la barba e nemmeno il testosterone, io ho tutto il coraggio e l’aggressività di cui ho bisogno. Però chiaramente voglio tutto quello che un uomo può volere, come un uomo in un mondo di uomini voglio sfidare la legge. Frontalmente. Senza scorciatoie ne’ scuse. Voglio ottenere di più di quello che mi hanno promesso. Non voglio che mi chiudano la bocca. Non voglio che mi dicano quello che devo fare. Non voglio che mi aprano la pelle per gonfiarmi le tette. Non voglio avere un corpo longilineo da adolescente quando m’avvicino ai quaranta. Non voglio fuggire dal conflitto per nascondere la mia forza ed evitare di perdere la mia femminilità.. […]

A molti uomini piace parlare delle donne, così non devono parlare di loro stessi. Come si spiega che negli ultimi 30 anni nessun uomo [eterosessuale] abbia prodotto un testo innovativo sulla mascolinità? […] Forse vogliono che, per esempio, diciamo quello che pensiamo noi, da fuori, dei loro stupri di gruppo? Diremmo che gli piace vedersi scopare, guardarsi il cazzo l’uno con l’altro, e che gli venga duro insieme. Diremmo che quello che vogliono, in realtà, è scoparsi tra loro. Agli uomini piacciono gli uomini. Ci stanno spiegando tutto il tempo quanto gli piacciono le donne, però tutte sappiamo che non sono che parole. Si amano tra uomini. Si scopano tra loro attraverso le donne, molti di loro pensano ai loro amici mentre lo infilano in una fica. Si guardano al cinema, si danno le parti migliori, si sentono potenti, si stupiscono di essere così forti, così belli e coraggiosi. Si appoggiano tra loro, si complimentano. Hanno ragione. Però dopo averli ascoltati lamentarsi tanto che le donne non hanno abbastanza voglia di scopare, che non gli piace abbastanza il sesso come dovrebbe, che non capiscono niente, finiamo per chiederci: ma cosa aspettano a buttarselo in culo l’uno con gli altri? Avanti. Se questo può restituirvi il sorriso, allora dev’essere giusto. Però tra le cose che gli hanno inculcato bene c’è la paura di essere dei froci e l’obbligo che gli piacciano le donne. E così si reprimono. Protestano, però obbediscono. Di sfuggita, prendono a sberle una ragazza o due, furiosi di doverci avere a che fare.

C’è stata una rivoluzione femminista. Si articolarono discorsi, superando il senso del decoro e affrontando l’ostilità. E va avanti. Però, al momento, sul fronte della mascolinità, solo un silenzio terrorizzato di ragazzi fragili. Il sesso che si dice forte è precisamente quello che bisogna proteggere, quello che si deve confortare, curare, accudire. Quello che si deve proteggere contro la verità. Che le donne siano stronze esattamente come loro e che alcuni uomini possano essere puttane e madri. Stiamo tutti e tutte nel mezzo della stessa confusione. Ci sono uomini che sono fatti per occuparsi del giardino, della cura della casa e di portare i bambini al parco e donne con un corpo capace di bucare la testa a un mammut, lottare corpo a corpo e tendere imboscate. A ciascuno il suo.

L’eterno femminino è una presa per il culo tremenda. Donna fatale, coniglietta, infermiera, lolita, puttana, madre pietosa o castrante: questi sono film, poste in scena di segni e travestimenti. Di cosa vogliamo tranquillizzarci con tutto questo? Non sappiamo esattamente che rischio correremmo se tutti questi archetipi costruiti crollassero: le puttane sono individui come tutti gli altri; le madri non sono intrinsecamente buone, ne’ coraggiose, ne’ affettuose, e neanche i padri. Questo dipende dal caso, dalla situazione, dal momento.

Liberiamoci del sessismo, questa trappola per fessi. Smettiamo di rispettare le regole e le mascherate obbligatorie. Qual’è l’autonomia della quale alcuni uomini hanno così tanta paura che preferiscono continuare in silenzio e non inventare niente di nuovo, nessun discorso critico e creativo sulla loro condizione?
A quando l’emancipazione maschile? […]

Il femminismo è una rivoluzione, non un’operazione di marketing, non un’ondata di promozione dello scambio di coppie e nemmeno una questione legata all’aumento di stipendio. Il femminismo è un’avventura collettiva, per le donne ma anche per gli uomini e pure per tutti gli altri. Una rivoluzione che già è incominciata. Una visione del mondo, un’opzione.

Non si tratta di opporre i piccoli vantaggi delle donne ai piccoli diritti acquisiti degli uomini, ma di dinamitarlo tutto. E detto questo, buona fortuna e buon viaggio a tutte e tutti.”

Virginie Despentes – King Kong Girl –  pp. 107 – 115 (pezzi)